Ti racconto Castrocaro

Margherita dei Conti

Castrocaro fra Terme e Fortezza

Castrocaro Terme, come suggerisce il nome stesso, è conosciuta per le sue acque benefiche, il suo centro termale di origine etrusca infatti, era già noto ai tempi dei romani. Fu proprio grazie alle Terme che, nel medioevo, la città ebbe un importante sviluppo urbanistico diventando per la Romagna un punto nevralgico. A dimostrazione di ciò, ancora oggi possiamo ammirare l’imponente Fortezza, situata sul punto più alto della rupe a dominio dell'intera vallata e rimanere incantati dalla leggenda celata fra le sue mura.
 

La sanguinaria famiglia dei Conti di Castrocaro

La storia ci racconta che che la casata dei Conti di Castrocaro, fu una delle più agguerrite dell’Appennino romagnolo; tanto è vero che agli inizi del duecento, avevano in atto una sanguinosa lotta con la famiglia consanguinea dei Conti Calboli di Forlì. Per porre fine alle loro inimicizie e ai numerosi delitti, il Papa Innocenzo IV autorizzò il matrimonio tra i giovani cugini delle famiglie rivali: Guidone dei Calboli e Margherita dei Conti.
Margherita però, innamorata di un altro giovane che la corrispondeva, decise di opporsi con fermezza e tenacia all’unione combinata. La ragazza che era molto legata alla figura paterna, credeva che sarebbe riuscita a far valere le sue ragioni, ma le opportunità politiche ebbero la meglio sui suoi sentimenti e la data delle nozze venne così fissata. La giovane si trovò ad avere suo padre Bonifacio come nemico in casa e vedendo il suo sogno d’amore svanire, si disperò a tal punto che decise di porre fine alla sua giovane vita. In una notte ventosa e senza luna, Margherita salì nella torre più alta della Fortezza e si lasciò cadere nel vuoto.

 

Un dramma che vive nel tempo

La leggenda dice che ancora oggi nelle notti senza luna sia possibile sentire il pianto d'amore di Margherita e che il vento porti la sua disperazione giù per la vallata.
Ma non solo la leggenda punta il dito sulla spietata famiglia dei Conti di Castrocaro, la loro crudeltà infatti, era così rinomata che anche Dante nella Divina Commedia, si rammaricò della sua prolificità, nominadola in un verso del Purgatorio:

Le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi
che ne ’nvogliava amore e cortesia
là dove i cuor son fatti sì malvagi.

Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia;
e mal fa Castrocaro, e peggio Conio,
che di figliar tai conti più s’impiglia.